Ieri te ne sei andato.
Sembra ieri quanto, quasi sedici anni fa, sei arrivato nelle nostre vite.
Non è mai stato facile stare vicino a te, ma riuscivi sempre a strapparci un sorriso.
Anche il penultimo giorno, nonostante tu fossi palesemente affaticato e avessi problemi a respirare, ci hai fatto sorridere col tuo stare in equilibrio con la testa sul filo della tua scodella, dalla quale non ti allontanavi quasi mai, e dalla quale sorbivi litri e litri di acqua che, come novella coperta di Linus, non scordavi mai di bere prima e dopo ogni uscita e, quando oramai malato, sopportavi stoicamente l'applicazione delle medicazioni.
Certo, non scorderò mai gli ultimi anni, durante i quali, da affaccendato esploratore del mondo, sei diventato un lento e burbero osservatore delle vicende altrui. Ma per me resterai sempre il compagno di giochi. Quante volte mi sono nascosto nel parco e tu, giravi come una trottola, correndo a destra e sinistra, preoccupandoti che fossi andato via.
Non era facile essere tuo amico; bastava un piccolo malinteso e tu tagliavi immediatamente i ponti con la controparte. Hai avuto però degli amici inaspettati tra coloro che, a rigor di logica, avrebbero dovuto allontanarti. Uno su tutti Ulisse.
Ricordi? La sera prima della tuo passaggio sul ponte dell'arcobaleno, si è avvicinato arrivando nel parcheggio dove c'è l'aiuola devi eri solito sostare per rinfrancarti dopo il faticoso cammino. Forse, già provato, non te ne sei reso pienamente conto fosse la. Forse era venuto a salutare un vecchio amico che, per una banale quisquilia, lo aveva allontanato.
Anche quando eri amico di qualcuno, ti limitavi a fugaci saluti e poi via, ognuno per la sua strada, perché avevi sempre da fare. Mica potevi perdere tempo; forse eri conscio del fatto che non saresti restato tanto su questa terra.
Questo non ha mia limitato il tuo spirito.
Non eri grande nel fisico, ma il tuo coraggio nel frapporsi tra i tuoi cari e un pericolo, più o meno reale, non lo hai mai perso col passare degli anni.
Ricordo quando il cane del vicino, quello che non perdeva l'occasione per abbaiarti contro, lo ha fatto contro di me.Tu, che lo hai sempre ignorato, ti sei frapposto tra me e quel cane. Incurante del fatto che non potesse in alcun modo, farmi del male, ti sei gettato nella mischia e non avresti permesso si avvicinasse, anche a costo di farti azzannare.
A volte mi sono arrabbiato con te, come credo sia normale tra fratelli. Sai anche che molte volte, non eri tu il destinatario dei miei strali, ma nostro padre. Non ho mai capito come tu potessi cercarlo sempre; come tu anelassi una sua carezza, un suo gesto. Lui che, specialmente durante l'ultimo anno, ti ha ignorato quasi totalmente; le uniche interazioni tra voi due era quanto ti urlava contro perché avevi sporcato a terra.
Cazzo! Non si rendeva conto che, con l'anomala crescita ghiandolare che stavi subendo, non potevi evitare di perdere, se non sangue, linfa e che, nonostante le medicazioni e i tamponamenti, era inevitabile che qualcosa finisse sul pavimento?
L'unica persona che è sempre riuscita a mettere pace tra noi è stata Maria Catena.
Lei era in grado di distendere gli animi di tutti. Tu l'adoravi. Ricordo che quando andavo al lavoro, tu aspettavi che lei terminasse la preparazione mattutina e poi, cercavi in tutti i modi a convincerla a uscire fuori. Quante volte, giocando a inseguirla, le hai macchiato o lacerato i vestiti. Quando eri preso dal gioco, non riuscivi a controllare la tua forza. Lei si è sempre divertita a farlo e non le importava.
Anche quando ti attardavi a fare i "tuffi" nel torrente presente nel parco. Una volta siete stati redarguiti perché siete tornati tardi a casa da nostro padre; padre poi rimasto stupito del fatto che, quando uscivate insieme, non eri solito giocare in maniera così spensierata.
Adesso non sei più tra noi. Solo stamattina ho preso completamente coscienza del fatto.
Stamattina mi sono svegliato alla solita ora, le 05.30 circa. Oramai da mesi non avevo più bisogno della sveglia per alzarmi e, prima di provvedere alle mie esigenze, venire da te, svegliarti, prendere i tuoi sbuffi di rimbrotto perché, forse, avresti preferito aspettare, sorbire le tue medicine, eventualmente pulirti, farti uscire per la tuo giro mattutino e poi, una volta tornati a casa, disinfettare la tua ferita e darti un poco di colazione.
Stamattina non avevo nulla di tutto questo da fare. Nulla. Se non vestirmi e scendere a fare colazione, dove ho trovato lui; lui che già ieri voleva iniziare a togliere da casa ogni segno della tua esistenza. Non gli ho permesso di farlo. Tra qualche giorno, magari stasera, ce ne occuperemo Maria e io. Puliremo quello che deve essere pulito, riporremo quanto ingombra e non serve più (purtroppo), butteremo quanto di irrecuperabile c'è, doneremo il tuo cibo speciale a quanti ne potranno beneficiare, serberemo gelosamente per noi i tuoi oggetti personali, oltre ai nostri ricordi.
Ci sarebbero mille e mille cose da dire, infiniti ricordi da rivangare, moltissimi rimpianti e liti da riparare; ma non ho più la forza o la possibilità di farlo.
Spero che, nel posto dove sei andato, tu possa avere tutto quello che abbia mai sognato e anche di più. Noi resteremo qui, nel tuo ricordo.
Ciao Buck. Ciao Amico mio, Ciao Fratello.